I pazienti ex-obesi vengono spesso considerati un gruppo omogeneo. In realtà, pur avendo in comune diverse problematiche, la loro modalità di presentazione è piuttosto eterogenea.
Tre fattori condizionano notevolmente tale modalità di presentazione:
- Il BMI al momento della presentazione
- La modalità di distribuzione del grasso corporeo
- La qualità dell’ ”involucro cutaneo”
I pazienti obesi, sia che perdano peso attraverso la dieta e l’esercizio fisico, sia che ricorrano alla chirurgia bariatrica, tendono a raggiungere un certo BMI intorno al quale si stabilizzano. Tale BMI può coincidere con il peso forma o distanziarsene anche notevolmente. Sebbene il BMI dipenda ampiamente dal metodo mediante il quale tali pazienti abbiano perso peso, sembra esistere una sorta di “termostato” che controlla i loro corpi. Molti pazienti infatti presentano un “falso plateau”, superato il quale ricominceranno nuovamente a perdere peso.
Pertanto, nei pazienti sottoposti a chirurgia bariatrica, risulta fondamentale la collaborazione con il chirurgo bariatrico per capire se questi abbiano raggiunto il plateau finale.
Ciò, inoltre, implica che la chirurgia plastica post bariatrica possa essere estesa, sia pure con risultati diversi, anche a quei soggetti che non hanno raggiunto un BMI ideale, ma che semplicemente risultano stabili al plateau raggiunto.
Un altro importante fattore che condiziona grandemente il paziente ex obeso è la modalità di distribuzione del grasso corporeo, che è determinata soprattutto geneticamente. Il grasso corporeo può essere diviso in due categorie: grasso viscerale e grasso sottocutaneo. Con l’aumentare del peso, gli uomini tendono ad accumulare grasso viscerale, mentre le donne grasso sottocutaneo, la cui distribuzione varia comunque da persona a persona.
In alcuni pazienti il grasso è localizzato soprattutto al tronco, in altri prevalentemente alle cosce e ai fianchi; inoltre, nel corso del dimagrimento, mentre alcune persone perdono peso in modo omogeneo in tutti i distretti corporei, altre tendono a mantenere accumuli di grasso in sedi specifiche, come i fianchi. Pertanto, la modalità di presentazione del paziente ex obeso dipende non solo dal tipo di distribuzione del grasso corporeo, ma anche dal modo in cui si è verificata la perdita di peso nel corso del processo di dimagrimento. Ovviamente, a contribuire all’aspetto globale del paziente interviene anche il sottostante apparato muscolo-scheletrico.
Infine, la qualità dell’involucro cutaneo costituisce il terzo fattore che condiziona la modalità di presentazione del paziente ex-obeso, le tipologie di interventi chirurgici e i susseguenti risultati.
Più la pelle è stirata nel corso del processo di aumento/perdita di peso, maggiore sarà l’entità dell’eccesso e della lassità cutanea. L’entità della variazione del BMI rappresenta, a tal riguardo, un buon indicatore di questo processo. Pazienti con un’ importante variazione di BMI normalmente presentano un eccesso e una lassità cutanea maggiori rispetto a coloro che hanno avuto una variazione più contenuta.
Un altro importante fattore da valutare è, inoltre, costituito dall’entità dello spessore del grasso sottocutaneo. Infatti, la presenza di un pannicolo adiposo piuttosto spesso impedisce, o comunque riduce, la possibilità di movimenti significativi della cute sovrastante. Generalmente, ampie variazioni di BMI si associano con un maggior eccesso di cute e un più sottile strato di adipe.
Normalmente, più è grande l’entità della cute resecata nel corso delle dermolipectomie, maggiore sarà l’effetto modellante ottenuto.
Il più delle volte il chirurgo plastico valuta il paziente alla fine del suo processo di dimagrimento, quando il peso è stabile da almeno sei mesi. È fondamentale una perfetta conoscenza di alcuni suoi dati quali il peso di partenza, il tipo di intervento bariatrico a cui è stato sottoposto e da quanti mesi ha raggiunto la stabilità ponderale. Importante è, chiaramente, anche la conoscenza della sua storia clinica: malattie internistiche (cardiologiche, respiratorie, infettive, etc.), allergie e attitudine al tabagismo, accurata valutazione di cicatrici pregresse (da interventi chirurgici, bariatrici e non, e da traumi), carenze nutrizionali, alterazioni ematiche e stabilità psicologica.
Quasi tutti i pazienti presentano più distretti corporei da voler migliorare: è necessario discutere delle sue priorità e se queste collimano con una corrispettiva adeguatezza tecnica. Molti studi hanno cercato di appurare se fosse più conveniente un determinato ordine negli interventi (ad esempio prima il tronco seguito dalle braccia e dalla regione toracica anteriore, etc.) senza giungere a risultati definitivi; è mia abitudine fare scegliere alla paziente la sua priorità e l’ordine degli interventi, guidandola e correggendola solo là dove problemi di carattere tecnico impongono o comunque privilegiano un’altra “scaletta” di interventi.
Un aspetto che considero essenziale è poi quello di sviluppare un buon rapporto con il paziente. Frequentemente si tratta di soggetti che dovranno affrontare più interventi chirurgici, diversi dei quali richiederanno grande cura nel post-operatorio. Il paziente deve pertanto sentirsi a suo completo agio.
Importante è ovviamente un’accurata spiegazione dell’intervento chirurgico che si è programmato, non tralasciando di mettere in evidenza anche gli eventuali rischi e le possibili complicanze: l’obiettivo, infatti, è quello di avere un paziente ben informato che comprenda appieno le implicazioni di questa chirurgia e che collabori attentamente con il chirurgo plastico attraverso ogni stadio di questo processo di trasformazione.
Uno studio pubblicato sulla rivista Plastic and Reconstructive Surgery ha messo in luce le caratteristiche istologiche della cute nel paziente ex obeso.
È noto come il paziente obeso presenti diversi cambiamenti fisici e metabolici a carico della cute e del collagene, con linfedema, aumentata attività delle ghiandole sudoripare e sebacee, candidiasi, follicolite, eritrasma e, più raramente, erisipela, cellulite necrotizzante e fascite necrotizzante. L’obesità è, inoltre, associata ad alterazioni sia della macrocircolazione che della microcircolazione. Alterazioni di quest’ultima si ritiene siano dovute allo sviluppo dell’insulino-resistenza, dell’ipertensione e della microangiopatia. Inoltre, la bassa perfusione che accompagna l’obesità e le modificazioni nella struttura e nella funzione del collagene, porta a disfunzioni nei meccanismi della guarigione delle ferite. Il ricorso alla chirurgia bariatrica consente il ripristino di un adeguato peso corporeo, nonché la scomparsa delle comorbidità associate (diabete, ipertensione, ipercolesterolemia, etc.).
Nel suddetto studio, si è indagato se la scomparsa dell’obesità e delle sue comorbidità si accompagnasse anche ad una ripresa della normale istologia di cute e sottocute. Per capire questo sono stati analizzati campioni di cute e sottocute prelevati nel corso di addominoplastiche da pazienti ex obesi. Dalle indagini istologiche è emerso che il collagene di tutti i pazienti bariatrici presentava anomalie e appariva più lasso, sottile e “disordinato” rispetto alla norma. Le fibre elastiche apparivano più sottili e degradate.
Alla luce di questi dati appare evidente come, sebbene la chirurgia bariatrica comporti un miglioramento, fino alla scomparsa, di patologie come ipertensione, diabete, iperuricemia, etc., il tessuto cutaneo presenta irreparabili segni di danno. La scarsa qualità cutanea nel paziente ex obeso, dimostrata dagli studi istologici, spiega in parte le difficoltà di cicatrizzazione che si verificano in seguito ad interventi di chirurgia plastica e rende conto della necessità di attuare procedure mirate a limitare il ritardo nella guarigione (particolari tipi di materiali di sutura, aumentati tempi di mantenimento dei punti di sutura e specifici protocolli integrativi per favorire la cicatrizzazione).
