Cicatrici

Quando una ferita guarisce, al suo posto si forma una cicatrice. Mentre alcuni tessuti semplici quali il tessuto connettivo, il tessuto endoteliale e il tessuto adiposo guariscono in maniera ottimale, la cute, essendo estremamente complessa lo fa con la formazione di un tessuto cicatriziale a prevalente componente fibrosa. La cicatrizzazione è del resto un processo molto complicato, che chiama in causa varie popolazioni cellulari. In alcuni casi, il processo di cicatrizzazione procede in maniera anomala determinando una cicatrice ipertrofica o un cheloide.

Il trattamento delle cicatrici patologiche si caratterizza per la vasta gamma di opzioni possibili:

  • Chirurgia: in caso di cicatrici particolarmente insoddisfacenti, si può ricorrere alla loro escissione e alla nuova sutura dei lembi, seguendo i principi delle suture estetiche, eventualmente effettuando, contestualmente, anche l’impianto di adipociti trattati che, per il loro elevato contenuto in cellule staminali, consentono una cicatrizzazione migliore. Piccole cicatrici possono, infatti, essere escisse in toto utilizzando tecniche come i lembi di trasposizione (plastiche a Z) per modificare l’orientamento delle cicatrici stesse. In alcuni casi, la cicatrice può essere infiltrata con cortisonici locali, ripetendo nuovamente l’applicazione dopo 3-4 settimane. Invece, cicatrici di ampie dimensioni, come quelle che si formano in seguito a traumi o ustioni, possono essere trattate mediante gli espansori cutanei. Questi ultimi sono rappresentati da protesi impiantate sottocute che periodicamente vengono gonfiate per estendere la cute ad esse sovrastante; una volta raggiunta l’espansione opportuna, la protesi viene rimossa e la cute ottenuta viene usata per rimuovere la precedente cicatrice di scarsa qualità.
  • Corticosteroidi: di comune impiego nelle cicatrici ipertrofiche e cheloidee, da soli o in associazione con altre metodiche. Si esegue, normalmente, un ciclo di infiltrazioni intralesionali, con ottimo beneficio soprattutto a carico della sintomatologia pruriginosa e dolorosa. Tale approccio deve essere effettuato da mani esperte in quanto associato al rischio di ipopigmentazione, depressione della cicatrice, ulcerazione e comparsa di teleangectasia.
  • Terapia elastocompressiva: usata da svariati anni nel trattamento delle cicatrici ipertrofiche dei pazienti ustionati. Tale terapia deve essere iniziata appena terminata la riepitelizzazione e fino alla stabilizzazione della cicatrice. Si tratta di un trattamento lungo, che prevede ripetuti controlli a scadenza ben precisa, soprattutto nei pazienti in crescita. Tuttavia, questi presidi non sono del tutto confortevoli da indossare, specialmente nei mesi caldi, inoltre devono essere utilizzati tutto il giorno per ottenere il massimo beneficio; in alcuni siti la compressione non è facilmente realizzabile.
  • Silicone: l’uso del silicone, sotto forma di gel o di lamine, rappresenta un ottimo alleato nella gestione delle cicatrici, consentendo di ridurre, in quelle appena formatesi, il rischio di cicatrici ipertrofiche. I gel di silicone, anche sotto forma di spray, formano una membrana impermeabile ai liquidi e parzialmente permeabile ai gas.
  • Laser: rappresenta una delle ultime frontiere nella gestione delle cicatrici; trovano impiego varie tipologie di laser, quali i frazionati ablativi o, di più recente introduzione, i frazionati non ablativi che consentono un vero e proprio rimaneggiamento del tessuto cicatriziale, consentendone un netto miglioramento funzionale ed estetico.

L’esistenza di queste e altre metodiche per la gestione delle cicatrici fa comprendere da un lato la difficoltà della gestione delle stesse, dall’altra il fatto che tutti questi approcci non sono semplicemente interscambiabili tra loro, ma si possono variamente intersecare a seconda delle circostanze. Solo una scrupolosa valutazione della singola cicatrice consente di selezionare l’approccio terapeutico in grado di garantire il risultato migliore.

Agostino Bruno ph Vittorio Carfagna-4442

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