- Rimozione dei tatuaggi
- Focus on: I pigmenti dei tatuaggi
- Focus on: Eventi avversi da tatuaggio
- Focus on: La lunga storia dei tatuaggi
Il tatuaggio consiste nell’impianto, in sede intradermica, di particelle pigmentate solide. Tali particelle possono essere bersaglio di laser specifici ed eliminate.
Tatuaggi diversi possono richiedere diversi tipi di laser per consentirne la rimozione, a seconda del tipo e del colore di inchiostro, e della profondità del tatuaggio.
Per la rimozione dei tatuaggi viene usato un laser specifico, cosiddetto Q-Switch, che è in grado di erogare grandi quantità di energia in un brevissimo intervallo di tempo. Il riscaldamento rapido ed elevato del pigmento, indotto dall’assorbimento della luce laser, determina un effetto foto-termico. Quando il cromoforo (cioè il pigmento del laser) è riscaldato, va incontro ad un’improvvisa espansione termica, determinando a ogni impulso laser un caratteristico rumore udibile anche dall’esterno. L’effetto foto-acustico genera un’onda d’urto che frammenta il pigmento in tante piccolissime particelle, che verranno “digerite” da particolari cellule dell’organismo (macrofagi). Il pigmento trattato in questo modo diventa sempre più superficiale fino a sparire del tutto. I tessuti circostanti rimangono illesi, rendendo il trattamento efficace, ma al tempo stesso sicuro.
L’inchiostro dei tatuaggi è composto da due componenti: il carrier e il pigmento. La funzione del carrier è quella di tenere il pigmento finemente miscelato e libero da patogeni. I carrier più comuni includono la glicerina, l’acqua e l’alcool isopropilico. La seconda parte è il pigmento vero e proprio, che ne denota il colore.
La maggior parte dei pigmenti usati per i tatuaggi decorativi sono a base di Sali metallici inorganici, il cui uso primario non è l’impianto come tatuaggio. La Food and Drug Administration, del resto, non ha approvato l’uso di inchiostri colorati da impiantare nella pelle. Nella letteratura scientifica sono stati documentati molti eventi avversi in persone tatuate a causa dei Sali metallici inorganici contenuti nei colori.
Il colore più difficile da eliminare è il rosso: sono state infatti notate numerose reazioni granulomatose, eczematose, pseudolinfomatose e lichenoidi. Il rosso è di solito ottenuto dal Solfuro di Mercurio, ma possono essere usati anche il Solfuro di Cadmio, l’Ossido di Ferro e l’Idrato ferrico. Gli inchiostri a base di Rame sembrano essere più stabili e meno tossici dei pigmenti a base di Cobalto. Casi di orticaria, granuloma e pseudolinfoma sono stati attribuiti a vari pigmenti contenenti il Cobalto.
Quando si effettua un tatuaggio, occorre sempre ricordare i suoi possibili eventi avversi. Questi includono:
- Reazioni allergiche: soprattutto colori come il rosso, il verde, il giallo e il blu, possono causare reazioni cutanee allergiche con prurito. Queste manifestazioni si possono avere anche anni dopo essersi tatuati
- Infezioni della pelle, con arrossamenti, dolore, gonfiore e talora la comparsa di pus
- Granulomi, vale a dire una reazione dell’organismo al pigmento che clinicamente si manifesta come un nodulo, a volte dolente
- Malattie a trasmissione ematica: è essenziale rivolgersi a tatuatori professionisti che utilizzino strumenti usa e getta. Se il materiale, infatti, non è adeguatamente sterilizzato è possibile contrarre malattie a trasmissione ematica (come il tetano, l’epatite B e C)
- Complicanze alla Risonanza Magnetica: la presenza di particelle metalliche può interferire con la Risonanza Magnetica
- Cheloidi: in soggetti predisposti, le varie punture necessarie per impiantare il pigmento possono evocare una reazione cheloidea dell’organismo
L’arte del tatuaggio è molto antica: pare addirittura che risalga all’età della pietra (12.000 a. C.), in cui gli uomini primitivi, durante le cerimonie funebri, si tagliavano la pelle e si cospargevano di cenere in segno di dolore. I tatuaggi decorativi risalgono, probabilmente, all’età del bronzo (8.000 a. C.), come suggerito dal ritrovamento di aghi e ciotole di pigmento in grotte francesi, spagnole e portoghesi. Le popolazioni dell’epoca decoravano le pelli degli animali che indossavano; questo avrebbe portato alla decorazione della loro stessa pelle. Alcune mummie del 4.000 a. C. presentavano, del resto, rozzi tatuaggi.
La pratica del tatuaggio ha prosperato anche nell’antica Cina, nel Giappone e nel Nord Africa. Il fatto che queste aree vivessero, all’epoca, in una totale assenza di comunicazione ha suggerito l’idea che il tatuaggio rappresenti una risposta ad un bisogno innato di comunicazione. La pelle, in questo caso, funziona come una tela per ritrarre affermazioni di individualità, appartenenza, noia o rabbia.
